Impianti di videosorveglianza: violazione dello Statuto dei lavoratori

A seguito della nuova formulazione dello Statuto dei lavoratori (art. 4 L. 300/70 come post-16modificato dall’art. 23, c. 1, D.Lgs. 152/2015) il datore di lavoro può utilizzare impianti audiovisivi ed altri strumenti di controllo a distanza dei lavoratori esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale.
L’installazione degli strumenti di controllo, anche nel caso si tratti di un solo impianto di videosorveglianza, può avvenire solo previo accordo con la RSU o le RSA o, in mancanza di accordo, previa autorizzazione della DTL.
Il divieto di installazione, in mancanza dei presupposti di legge, sussiste anche nel caso di:
– apparecchiature installate ma non ancora funzionanti;
– preavviso dato ai lavoratori;
– controllo discontinuo;
– telecamere “finte” montate a scopo meramente dissuasivo.
Qualora l’ispettore accerti l’installazione degli impianti di videosorveglianza, indipendentemente dalla sua utilizzazione, priva dell’accordo sindacale o dell’autorizzazione, deve impartire al datore di lavoro una prescrizione al fine di porre rimedio all’irregolarità riscontrata. Viene assegnato un congruo termine per consentire la rimozione del materiale installato. In caso di inottemperanza è prevista un’ammenda da € 154 a € 1549 o l’arresto da 15 giorni ad un anno.
Qualora nel periodo di tempo fissato dall’ispettore venga siglato l’accordo sindacale ovvero venga rilasciata l’autorizzazione dalla DTL la prescrizione è considerata adempiuta e il datore di lavoro può estinguere la contravvenzione in sede amministrativa con il pagamento, entro 30 giorni, di un’ammenda pari a € 387

Nota Min Lav. 1/06/2016 prot. N. 11241


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