Decreto dignità: cosa cambia?

Decreto dignitàIl decreto Dignità modifica la disciplina del contratto a tempo determinato allo scopo di limitare l’utilizzo di questa fattispecie contrattuale considerata sempre più ricorrente e spesso non corrispondente ad una reale necessità dei datori di lavoro. Il decreto riduce la durata massima dei contratti e il numero delle proroghe possibili, reintroduce le clausole giustificatrici, incrementa i costi e i termini per l’impugnazione.

Il decreto Dignità modifica la disciplina dei contratti di lavoro a termine anche con riguardo ai rinnovi e alle proroghe dei contratti già in corso.

Le norme si applicano dal 14 luglio 2018, data di entrata in vigore del decreto.
Precedentemente, con il Jobs Act, la disciplina del contratto a termine era stata oggetto di liberalizzazione. Il Job Act, infatti, aveva eliminato dell’obbligo di giustificare l’apposizione del termine mediante all’individuazione di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo nonché consentito di reiterare il numero di proroghe fino a 5.

La prevenzione degli abusi era stata, invece, affidata all’introduzione per legge di una clausola di contingentamento del numero di contratti a termine attivabili, salvo deroghe da parte della contrattazione collettiva.

In chiave di totale discontinuità rispetto al passato, il decreto Dignità limita la stipula di contratti a termine reintroducendo le causali con l’onere, per il datore di lavoro, di dimostrare le specifiche motivazioni che hanno condotto alla volontà di utilizzare tale strumento in luogo di una diversa tipologia contrattuale.

Il decreto, altresì, riduce la durata massima complessiva dei contratti e il numero di proroghe possibili. Inoltre, si provvede ad incrementare i costi di utilizzo in caso di rinnovi e si allungano i termini per le impugnazioni.
Si sottolinea che le nuove disposizioni trovano applicazione a tutti i contratti di lavoro a tempo determinato stipulati successivamente all’entrata in vigore del decreto nonché ai rinnovi ed alle proroghe dei contratti già in corso. Rimane, invece, esclusa la Pubblica Amministrazione per la quale continua ad applicarsi la disciplina previgente.

Leggi anche la GUIDA ALL’APPLICAZIONE AL DECRETO DIGNITA’ realizzata dalla Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro, che analizza e commenta le novità introdotte dal Decreto Legge 12 luglio 2018 n. 87.

TABELLA RIASSUNTIVA

Cosa cambia Prima Dopo
D.Lgs. n. 81/2015 (Jobs Act) D.L. n. 87/2018 (Decreto Dignità)
Termine di durata Al contratto di lavoro subordinato può essere apposto un termine di durata non superiore a 36 mesi. Al contratto di lavoro subordinato può essere apposto un termine di durata non superiore a 12 mesi.

Può essere apposto un termine avente una durata maggiore, comunque non oltre 24 mesi, solo in presenza di almeno una delle seguenti condizioni:

a) esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività, ovvero esigenze sostitutive di altri lavoratori;

b) esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria.

Cosa cambia Prima Dopo
D.Lgs. n. 81/2015 (Jobs Act) D.L. n. 87/2018 (Decreto Dignità)
Durata massima Fatte salve le diverse disposizioni dei contratti collettivi e con l’eccezione delle attività stagionali, la durata dei rapporti di lavoro a tempo determinato (anche in somministrazione) intercorsi tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore, per effetto di una successione di contratti, conclusi per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale e indipendentemente dai periodi di interruzione tra un contratto e l’altro, non può superare i 36 mesi. In caso di superamento di tale limite, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato. La durata massima dei rapporti a tempo determinato, anche in somministrazione, intercorsi tra le parti, conclusi per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale, è fissata in 24 mesi.
Cosa cambia Prima Dopo
D.Lgs. n. 81/2015 (Jobs Act) D.L. n. 87/2018 (Decreto Dignità)
Proroghe e rinnovi Il termine del contratto a tempo determinato può essere prorogato, con il consenso del lavoratore, solo quando la durata iniziale del contratto sia inferiore a 36 mesi e, comunque, per un massimo di 5 volte nell’arco di 36 mesi a prescindere dal numero dei contratti.

Qualora il numero delle proroghe sia superiore, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data di decorrenza della sesta proroga.

Il contratto può essere rinnovato o prorogato oltre l’anno, solo in presenza delle esigenze giustificatrici previste in caso di superamento dei 12 mesi di durata. Fanno eccezione i contratti per attività stagionali che possono essere rinnovati o prorogati anche in assenza di ragioni giustificatrici. Il contratto a termine può, altresì, essere prorogato liberamente nei primi 12 mesi.

In caso di rinnovo o di proroga oltre i 12 mesi, l’apposizione del termine deve risultare con atto scritto e contenere la specificazione di tali esigenze.

Il contratto può essere prorogato, solo quando la durata iniziale è inferiore a 24 mesi, e, comunque, per un massimo di 4 volte a prescindere dal numero dei contratti. Qualora il numero delle proroghe sia superiore, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data di decorrenza della quinta proroga.

Cosa cambia Prima Dopo
D.Lgs. n. 81/2015

(Jobs Act)

D.L. n. 87/2018

(Decreto Dignità)

Termine di impugnazione L’impugnazione del contratto a tempo determinato deve avvenire entro 120 giorni dalla cessazione del singolo contratto. Il termine per l’impugnazione è incrementato a 180 giorni dalla cessazione del singolo contratto.
Contribuzione addizionale Ai rapporti di lavoro subordinato non a tempo indeterminato si applica un contributo addizionale, a carico del datore di lavoro, pari all’1,4% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali. Il contributo addizionale è aumentato dello 0,5%in occasione di ciascun rinnovo del contratto a tempo determinato, anche in somministrazione.